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Incanti di luce
LAGO MAGGIORE

La lettura delle sponde lacustri fatta da Claudio Argentiero rivela una sorta di viaggio interiore ed esistenziale che diventa interpretazione estetica ma anche formale dello spazio. La tecnica intrapresa dall’autore, quella dell'infrarosso, supera la dimensione del sensibile per esprimere ed evocare un mondo oltre la percezione dell'occhio umano, oltre il visibile, oltre il reale, rivelando sfumature di luminosità che sottolineano una scelta consapevole, quella di un progetto fotografico che si nutre del bisogno didoversi differenziare da tutto ciò che è stato raccontato sul lago Maggiore, elargendo una visione originale ed inedita.

 

La scelta stilistica adottata da Argentiero è costituita dall’uso cromatico del bianco che, agendo su grandi porzioni del paesaggio naturale, lo illumina vivacemente, entrando, grazie all'inquadratura, come silenziosa “astrazione”, contrastando la linea scura e orizzontale del lago e l’incombenza ombrosa del cielo, provocando in chi osserva un certo spaesamento.

 

Ci troviamo di fronte a spazi aperti, forse già visti, legati a una quotidianità quasi dimenticata, anche se ancora molto presente. Cosicché gli scatti perdono volutamente la loro essenza di semplice documentazione – intesa come individuazione, raccolta e analisi di informazioni che corredano una ricerca – per divenire viva e tangibile testimonianza di uno scenario di confine, un paesaggio instabile tra rurale e urbano, tra fisso e mutabile, tra reale ed immaginario.

 

La narrazione trasfigura gli spazi in “luce-colore” e si espande nelle ore di sole pieno, creando suggestioni ammalianti, smaterializzando la natura che circonda lo stessolago, svelando panorami rigogliosi accompagnati da presenze silenziose sulle rive o nei candori dei giardini lacustri. Argentiero ci presenta così una “realtà celata”: le immagini, suggerite dal dato reale, diventano altro, nuove valenze al di fuori di un tempo determinato, come cristallizzate, e le inversioni cromatiche beneficiano del gioco di barbagli di luce che catturano gli occhi immobilizzando figure umane e arbusti.

 

La sensibilità dell’artista si volge all’impulso interiore sollevando una visione personale della poesia del vivere. Una sensibilità che, da strumento di analisi e di osservazione del reale, restituisce una visione contemplativa irripetibile.

 

La fotografia, infatti, quando non è documento, è creazione, reinvenzione di un dato, è artificio che altera, provoca, oppure esalta e abbellisce il reale nello stesso momento in cui lo riprende.

 

Incanti di luce, dunque, apre ad un dialogo con la natura che, liberata dalla sua comune riproduzione, finalmente può esaltarsi, pavoneggiarsi, estraniandosi dai luoghi e dallo spazio delle architetture costruite dall’uomo per affermarsi in tutta la sua maestosità.

 

 

 

Claudio Benzoni

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